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RELAZIONE DELL’ESPERIENZA SeP Campo Croce Rossa di CAMERINO 2016
Dott.ssa Simona Saggiomo
A tutti coloro che hanno reso possibile questo Percorso, ma sopratutto alla Popolazione colpita dal terremoto |
RELAZIONE DELL’ESPERIENZA SeP A CAMERINO 2016
La pace non è mai un edificio solido,
costruito compatto una volta per tutte,
ma assomiglia piuttosto ad una tenda,
ad un castello di sabbia da custodire
e da ricostruire sempre con infinita pazienza.
Cardinale Carlo Maria Martini
INTRODUZIONE
Mi accingo a scrivere queste righe con la Speranza che la popolazione colpita dal terremoto , o “ mostro”, come alcuni di loro lo hanno nominato possa ritrovare la Fiducia utile a ricostruire non solo le proprie abitazioni, ma il proprio mondo interno, a partire dai racconti ricchi e rigogliosi che ho ascoltato nelle ore di attività con loro sotto la tenda dei VVF.
In questo percorso di raccolta di esperienze personali e professionali metterò insieme frammenti di ricordi, condivisioni, emozioni e ipotesi di lavoro al fine di riflettere sul lavoro svolto come Psicologa SeP della Croce Rossa Italiana di Santena (To) e poterlo così migliorare.
Il nostro lavoro è sempre un percorso e l’uso di questa metafora si addice perfettamente: ho incontrato salite e discese, alcuni imprevisti e molte sorprese. Per questo sono contenta di scrivere queste pagine e considerarle un punto di partenza tutto da arricchire e da cui ripartire per la prossima missione.
QUANDO SI PARTE?
Appena ho saputo del sisma ho dato la mia disponibilità per intervenire come Psicologa dell’ Emergenza e sono rimasta in attesa dell’ordine di partenza. Nel frattempo leggevo i giornali e seguivo le notizie al pc per restare aggiornata su ciò che accadeva, conscia del fatto che nessun organo di stampa potesse cogliere la gravità psicologica a cui la popolazione fosse sottoposta. Mi interrogavo sulle domande che alcuni giornalisti facevano agli sfollati e mi inorridivo di fronte a cotanta insensibilità e mancanza di professionalità; cercavo d’intuire quali necessità la popolazione avesse e cosa chiedesse tra le poche parole che riuscivano a pronunciare oltre le lacrime e il silenzio. Intanto i mesi passavano e io non avevo riscontro sulla mia partenza… fino a dicembre quando si avvicinavano le festività natalizie, mi comunicano che il 17 partirò per Camerino (MC) e inizio a nutrire qualche perplessità. I miei pensieri vanno ai miei cari e mi chiedo come accoglieranno la possibilità di vedermi partire prima del Natale, senza condividere con loro parte della preparazione all’Avvento. In quel momento ho compreso la profondità delle mie parole che durante i corsi o i brifing prima di eventi importanti dico :“Ricordatevi di condividere con la vostra famiglia la partenza, non lasciate in sospeso screzi o problematiche importanti, perché sarete lontani e la distanza non aiuta la comunicazione”. Quindi, mi confronto con i miei familiari che mi esortano a fare del mio meglio per la popolazione colpita. Appoggiata in questa scelta, preparo i bagagli, e mentalmente inizio ad immaginarmi gli scenari, i lavori con la popolazione e mi rendo conto di non avere alcuna informazione a riguardo : cosa avranno fatto i miei colleghi? Chi mi darà le consegne? Come farò ad imparare tutto in una sola settimana? Come mi muoverò sul territorio?
Insomma: avevo solo domande e nessuna risposta!
COME MIGLIORARE QUESTA FASE DI PREPARAZIONE ALLA PARTENZA?
Adesso che sono rientrata e mi sono concessa un po' di tempo per far sedimentare l’intensa esperienza, c’è anche spazio per ipotizzare se e come migliorare questa missione : in fase preparatoria sarebbe stato interessante avere una maggiore coordinazione tra le SeP e Psicologi che sono intervenuti prima di me, in modo da conoscere la situazione psicologica al mio arrivo. Mi rendo però conto della mole di difficoltà che tale operazione comporta, data anche dal fatto che la conferma della partenza e’ avvenuta solo 3 giorni prima e il tempo per la lettura di eventuali relazioni sarebbe esiguo. Quindi sarebbe importante interrogarsi sulle modalità organizzative della partenza in modo da permettere una preparazione anche psicologica per chi parte : il gruppo con cui sono partita si è affiatato molto, ma nessuno aveva avuto un briefing circa la missione e le competenze richieste, perché ogni incarico ha le proprie caratteristiche che sul campo e in una situazione di emergenza non si ha il tempo di apprendere. Inoltre chi era alla prima esperienza non aveva avuto alcuna informazione psicologica a riguardo, il ché rende il Volontario vulnerabile a fattori di rischio di un possibile PTSD.
Quindi i Delegati Locali e Regionali dovrebbero meglio coordinarsi per perfezionare la macchina organizzativa e fare Formazione Psicologica continua, non solo nei corsi OPEM, ma a tutti i livelli, sopratutto prima di partire, in modo da valutare la situazione psicologica di ogni Volontario; questo permetterebbe di non metterlo in pericolo una volta arrivati sul campo. Bisogna quindi fare attenzione ai fattori di rischio delle persone che aiutano : se hanno ad esempio eventi delicati non elaborati ( lutti, perdite di persone care o del lavoro…), questi potrebbero essere riattivati dalla situazione di emergenza, in cui le regole di vita quotidiane sono stravolte dalla peculiarità dell’evento catastrofico. Partire sani e tornare altrettanto integri è la prima regola di auto-protezione psicologica.
IL VIAGGIO
Siamo partiti da Settimo in 9 volontari, divisi tra un pulmino e una macchina: nell’attesa della partenza ci siamo un po' conosciuti, ma dopo un’ora di viaggio eravamo già molto affiatati e questo ci ha tenuto uniti per tutta l’esperienza. Qualcuno di noi ha raccontato che cosa ha fatto in altre situazioni di emergenza e ci siamo confrontati sul da farsi, mentre altri facevano domande più generiche non avendo mai operato sul campo. In realtà molti interrogativi li avevo anche io, quindi dovevo gestire la mia frustrazione e quella di altri.
La fatica del viaggio era compensata dall’adrenalina che ogni missione d’emergenza comporta che alle sera si è tutta sentita.
L’ARRIVO AL CAMPO
Siamo arrivati al campo di Camerino al pomeriggio, stanchi, ma pronti ad iniziare a lavorare. Siamo stati accolti dal capo campo che ci ha raccontato la storia di quell’accampamento e i compiti dei Volontari. A lato della tenda cucina e sala dove si mangia, c’è il Palazzetto dello sport, dove circa 80 persone sfollate vivono insieme ad altre Associazioni che le supportano dal momento del terremoto; alcune sono rientrate a casa, altre si sono ricongiunte a famiglie che potevano ospitarle: quelle che restano sono le fasce più deboli, e non hanno dove andare. Rimangono in attesa e questa attesa, quando sono entrata dentro a visionare la struttura, è l’immagine che mi è scaturita : tutto fermo, tutto senza speranza, tutto precario e senza alcuna risposta da dare.C’è una Segreteria che funge da punto di riferimento per tutto il Campo, e proprio dalla Segreteria poco dopo l’arrivo mi chiamano : “ Alle 18 i SeP tutte le sere hanno una riunione all’Asur di Camerino, ti stanno aspettando. Ci sono i tuoi colleghi che ti accompagneranno”.
Da quel momento sento di far parte di una macchina organizzativa di cui non conosco nulla e che le domande che avevo all’inizio avevano ragion d’essere dal momento : lo smarrimento la fa da padrone.
Durante il viaggio pensavo di fare attività sul campo, sia coi Volontari che con la popolazione alloggiata al Palazzetto, ma il mio lavoro era altro. La sensazione di una mancata preparazione o informazione mi hanno infastidita e fatta sentire poco adatta alla situazione : tutto era veloce, ero appesantita dal viaggio, avevo il timore di non riuscire a fare ciò che dovevo fare. Ma cosa dovevo fare?
CRITICITA’ ALL’ARRIVO
La mancanza di consegne sul lavoro precedentemente svolto dai colleghi mi ha accompagnata per tutta la durata della permanenza al campo : ero arrivata senza conoscere il mio compito e sono andata via senza sapere che fine avrebbe fatto il mio lavoro. Mi aspettavo una maggiore chiarezza sia dalla partenza, ma a quanto pare tale lacuna è trasversale e in molti ambiti.
Come migliorare tale criticità? Come connettere i diversi lavori svolti da più Psicologi? E sopratutto : come mai non si può sapere dalla partenza che tipo di lavoro si andrà a fare e che cosa si è fatto?
INCONTRO CON L’ASUR E CONOSCENZA DEI COLLEGHI PSICOLOGI
Incontro i colleghi Psicologi SeP della Croce Rossa che mi accompagnano alla Riunione delle 18.00 con l’ASUR: avevano appena iniziato e tutto mi sembra molto veloce e poco comprensibile. Ogni Psicologo raccontava il proprio lavoro svolto nella giornata: che cosa aveva fatto, come lo aveva svolto e che come si sarebbe dovuto continuare. Le consegne erano molte ed incomprensibili, al momento. Era un puzzle
di cui non solo non ne conoscevo i pezzi, ma nemmeno la figura finale. Mi sentivo in una sorta di trance, piena di informazioni e senza sapere come collegarle. Iniziavo a chiedermi quale fosse il mio ruolo, se lo sapessi veramente svolgere, se avessi potuto imparare tutto in così poco tempo: ma loro, da quanto tempo erano sul campo, tale da conoscere così bene il territorio e le sue necessità?
In riunione si faceva una raccolta informazione del lavoro svolto e supervisione sul ciò che creava difficoltà o a noi o alla popolazione, in modo da permettere a chi fosse arrivato dopo di poter continuare. Tutto era scritto sia su cartaceo, che sul pc; erano presenti la Psicologa dell’ASUR, la Coordinatrice del Servizio e un Medico cardiologo, come segretario della riunione. Queste figure professionali non erano solo rappresentanti della Struttura sanitaria, ma anche Vittime del terremoto.
Avevo così tante cose da dover sapere che mi ero spaventata. Non sono riuscita ad intervenire se non alla fine, quando mi sono presentata.
Al termine della riunione si è organizzata la giornata successiva : io avrei dovuto continuare il lavoro con i VVF nel recupero beni della popolazione richiedente nella zona rossa. Ora che lo sapevo non avevo la minima idea di come si sarebbe svolto il tutto.
Oltre agli Psicologi Croce Rossa, c’erano altri colleghi : alcuni dell’Ordine di Malta, altri dell’ ANPAS e alcune Associazioni come il GUS, che aiutavano ed intervenivano anche a livello sociale, con lavori mirati sulla popolazione. Ero molto felice di potermi confrontare con colleghi diversi, anche se la fatica, arrivata la sera era molta : avevo mal di testa e al contempo ero elettrica per il lavoro da svolgere. Mi ero accordata con una Psicologa dell’ANPAS con cui avrei lavorato il giorno dopo : l’appuntamento era a colazione, al campo, dove mi avrebbe spiegato il da farsi.
Era la mia prima colazione di lavoro a Camerino.
LA FINE DEL PRIMO GIORNO
Arrivata in tenda ero molto stanca, sia mentalmente che fisicamente, ma sopratutto avrei avuto bisogno di punti fermi : ho compreso quanto in emergenza sia fondamentale avere chiarezza, ma al contempo quanto sia difficile trovarla proprio in tale contesto. Questo mi ha permesso di imparare ad adattarmi in tempi e modi diversi da quelli consoni, ed stato utile durante tutta la settimana, ma le energie impiegate sono state molte e più di quelle che immaginavo.
L’apprendimento veloce è stato impegnativo, ma arricchente: già dal secondo giorno mi muovevo in modo autonomo e ancora oggi mi chiedo come abbia fatto.
SECONDO GIORNO - 19/12/2016
Torneranno le strade chiassose,
torneranno i locali pieni di gente,
torneranno i parcheggi impossibili da trovare,
torneranno i “domani mattina devo studiare”
#staydada
Il concetto del tempo ha un valore diverso in emergenza : tutto appare dilatato, lento e
profondo; dopo aver dormito in tenda faccio colazione e la Psicologa Anpas mi inizia a raccontare il tipo di intervento che avremmo fatto durante la giornata : il recupero dei beni della popolazione coi VVFF. Questa attività è stata una costante durante tutta la settimana e mi ha permesso di mettermi in gioco e imparare molta “ psicologia di strada”, perché il setting è la strada, non lo studio. Questo cambiamento mi ha insegnato ciò che già la Scuola di Specializzazione mi aveva suggerito : Il setting è nella testa e come tale permette di agire in ogni contesto, compreso quello d’emergenza. La voglia di fare la faceva da padrona: attendevo da mesi di partire ed ero carica!
Questa attività psicologica consisteva in due interventi principali : supportare i VVF nella tenda UCL dove venivano accolte le persone che prenotavano il recupero della propria roba in casa, sia sostenere le persone durante l’ingresso nell’abitazione danneggiata dal terremoto. La mia collega mi spiegava i suoi interventi precedenti e cosa fare appena arrivati dai VVF: ero eccitata dall’idea di essere operativa.
Arrivate in tenda sotto il COC di Camerino, ci presentiamo ai VVF come Psicologhe e subito veniamo accolte con qualche battuta che sdrammatizza un po' la preoccupazione dei VVF ad essere etichettati come “matti”.Tutto è sempre stato delicato e abbiamo sempre chiesto il permesso di lavorare con loro : questo ha reso possibile, nel giro di qualche ora, di stringere un rapporto professionale che ci ha permesso di aiutarci reciprocamente, sebbene con modalità diverse.
Dopo la presentazione chiediamo come sta andando l’attività e il Coordinatore ci dice che fanno circa 50-60 interventi al giorno, che sono pochi coloro che entrano per la prima volta in casa, e che loro sono abituati a lavorare con ritmi così alti. Ci mettiamo sedute all’ingresso, dove la popolazione attende il proprio turno per prenotare
l’ingresso in casa, ed è in quel momento che apprendo la gravità del vissuto delle persone, che ciò che vedevo in televisione prima di partire non era nulla, e che solo stando con la popolazione e i loro racconti si può immaginare il loro dolore silenzioso. Ho incontrato persone piene di dignità, che parlavano di ciò che avevano subito con sofferenza e rabbia, ma mai in modo scomposto. Tutti paragonavano il terremoto appena subito a quello del ‘97, considerato una “ carezza” rispetto a questo, e mi faccio spiegare le differenze : “ Nel giro di 3 giorni siamo rientrati in casa, adesso invece siamo quasi tutti fuori”. Un’altra considerazione più volte ascoltata è che non ci sono stati morti, memore di Amatrice, tutti erano preparati, quindi la tempestività nell’uscire di casa e non rientrare, raccontano, li ha salvati. Accolgo i loro vissuti : molti di loro si conoscono, chiedono dove vivono ora, quasi cercare dei punti fermi : tanti si sono trasferiti sulla costa, altri in abitazioni in affitto nei paesi limitrofi, altri ancora da parenti. Ognuno esterna le rispettive difficoltà che il nuovo modo di vivere comporta, e ciò che emerge è un senso di adattamento forzato, lontano dal desiderio e bisogno di ricominciare, che sembra una distante possibilità :
“ perché nemmeno all’Aquila hanno ricostruito e sono passati molti anni”. La popolazione è piuttosto frammentata, dentro e fuori, fa fatica a pensare al futuro, anzi, si àncora ai ricordi passati per sorridere un po', ricordando aneddoti legati alla propria casa. La nostra funzione è capire le situazioni più delicate, quelle in cui l’ingresso in casa è piuttosto ansiogeno, avvertire il Coordinatore e chiedere di accompagnarli nella raccolta beni.
In seguito ad un colloquio con una donna straniera, ma residente a Camerino nel centro storico, comprendo che è piuttosto delicata la situazione perché, mi racconta “la prima volta ho raccolto proprio poco e ora fa freddo...” con viso visibilmente triste. Avvisiamo i VVF che accolgono la nostra richiesta e andiamo con questa signora e il marito; saliamo con i VVF con caschetto al seguito e raccontiamo che la signora è piuttosto provata. Per me era la prima volta : entrare nella zona rossa era desolante, tutto silenzioso ed “ordinato”, che stonava. L’appartamento era all’interno di un contesto storico : aprire l’ingresso e vedere calcinacci dappertutto è stato schioccante. In quel momento ho realizzato la gravità dell’evento : “Devo prendere la stufetta perché fa freddo e della roba in cucina…” ; da quel momento tutto era veloce : il tempo che fino a quel momento era stato lento, in quelle mura desolate e distrutte diventava accelerato e rapido. La regola era scegliere cosa salvare, quali oggetti portare via, quali lasciar andare… e le foto? I Quadri? Quali ricordi, affetti , momenti importanti lasciare sotto le macerie, e quali portarsi via? Queste erano le domande comuni e la delusione di non poter preservare tutto era altrettanto condivisa.
Una volta finita la scelta degli oggetti, si andava via, con qualche lacrima e la delusione di non poter tornare a vivere lì.
Benché le persone fossero diverse, anche le altre raccolte di beni erano simili : lacrime, delusioni, tristezza, ansia e poca speranza. Per tutti era un momento doloroso, carico di rabbia e pensieri sconnessi : “posso portare via gli stuzzicadenti?”.
Gli oggetti diventavano vivi, pieni di significato che io non conoscevo, e anche un cucchiaino diventava importante. Alcuni di loro raccontavano un aneddoto legato a quell’oggetto, altri invece erano più silenziosi.
Quella giornata fu intensa, la prima, ma sembrava fossero già trascorsi più giorni.
Al rientro all’UCL ero stranita, ma carica: stavo iniziando a comprendere l’attività, l’importanza del nostro ruolo e che cosa dovevo fare: accogliere le emozioni, sostenere le persone e restituire loro il coraggio e la forza che ci mettevano
nell’affrontare un momento così delicato; ogni passo era qualche cosa in più per il prossimo pezzo : “Un passo alla volta, nulla di più”. Questa frase li rassicurava, permetteva loro di prendersi un tempo diverso da quello richiesto dai VVF, che era tecnico, ma che non coincideva con quello emotivo. Alcuni prenotavano un altro appuntamento per prendere altri oggetti, altri tornavano a “casa” con ciò che avevano salvato.
In quella giornata ho anche avuto modo di parlare con i VVF e aiutare loro con modalità diverse da quelle che la popolazione richiedeva: la loro abitudine a “dover essere forti” e mostrarsi sempre all’altezza non è che non avesse un prezzo , seppur non riconosciuto, ma il parlare della loro attività, della loro fatica a gestire tutte le richieste era comunque un modo per sostenerli con una certa distanza. Ho dovuto riconoscerne l’alta formazione e una buona gestione dello stress : non li ho mai sentiti alzare la voce, perdere la pazienza, e spiegare le procedure con tono chiaro e calmo.
Spesso mi hanno chiesto se lavoravano bene, e non potevo che sostenerli dicendo che erano professionali e umani insieme.
RIUNIONE CON L’ASUR DEL 19/12/2016
Arrivata in riunione ho sentito subito la differenza tra la prima riunione e quella del secondo giorno : da spaesata a consapevole del mio ruolo, così in un sol giorno.
Ho iniziato io a parlare, raccontando le esperienze vissute e le attività svolte, con professionalità e mi stupivo della velocità con cui ho imparato le cose da fare rispetto al giorno precedente. Ero diversa dal giorno precedente e ne ero fiera.
Alla riunione erano presenti anche altri colleghi dell’Ordine di Malta, che invece hanno lavorato al loro campo di Muccia, dove c’erano eventi da organizzare col Sindaco e nelle scuole a cui presidiare. Anche il Gus aveva operato ad Ussita con la popolazione, nell’ascolto delle loro necessità degli allevatori e a Visso, al CampoCroce Rossa, dove c’era una Volontaria particolarmente provata dallo stress del terremoto.
Rientrata al Campo CRI a Camerino conosco il mio collega Graziano: finalmente non ero più sola. Lo presento al gruppo e gli passo qualche consegna veloce, ma ero stanca, piena di informazioni e avevo bisogno di distrarmi. Concordammo che a colazione con calma ci saremmo raccontati le cose utili per lavorare il giorno seguente.
La segreteria mi avvisa che da quella sera sarei dovuta andare a dormire nella piscina insieme ai miei colleghi Psicologi e non con la mia squadra CRI: questo passaggio mi ha un po' scombussolata, perché in un contesto in cui mi mancavano punti di riferimento, togliermi quei pochi che avevo appena tessuto, mi infastidiva; per me ha significato di nuovo riadattarmi ad un altro contesto, che normalmente non è un problema, ma in un contesto di emergenza tutto è diverso, e anche i cambiamenti repentini erano stressanti. Inoltre ero in stanza con persone che non conoscevo, quindi il timore di ogni novità diventava un macigno.
La serata comunque si conclude bene : concordiamo il lavoro da svolgere nella giornata seguente e finalmente si dorme.
TERZO GIORNO – 20/12/2016
Questo giorno è iniziato con al mio fianco un collega col quale mi sono trovata molto bene, sia dal punto di vista umano, che non è così scontato, che professionale. Durante la colazione ci accordiamo su come lavorare : al mattino andiamo alla scuola dell’infanzia Ortolani di Camerino per parlare con le maestre e valutare le loro richieste, dal momento che le colleghe precedenti avevano già detto che saremmo passati.
Suoniamo, ci accolgono due maestre : la Responsabile del plesso e un’altra, che disponibili, ci raccontano le loro esperienze a scuola con gli alunni. Dal colloqui emerge che i bambini stiano reagendo con buone risorse : raccontano che nei loro giochi facciano cadere le costruzioni e le ricostruiscano o proteggano con dello scotch, come modo per esorcizzare il terremoto e sentirsi protetti. Anche i discorsi che riportano cercano protezione, dai genitori tipo quelli legati alla casa, che rimandano alle visite di ingegneri o VVF per dichiarare che “ le mura sono forti”. Il linguaggio che usano i bambini è adultizzato, ripetono cioè le frasi degli adulti nello spiegare ciò che è capitato dopo il terremoto, e lo raccontano ai propri amichetti. Sorrido quando le maestre ci dicono che nascono battute su chi vive in camper e chi in casa, ma accolgo anche la tristezza quando la Responsabile ci dice che alcuni alunni si sono trasferiti sulla costa e i compagni chiedono di loro. A questo punto io e Graziano cogliamo una certa incertezza nel modo di muoversi delle maestre, che indirettamente ci chiedono come fare a gestire la distanza tra i compagni: non sanno se torneranno e quando e spiace a tutti. Ma al contempo entrambe mostrano idee e ce le raccontano : pensavano di scrivere ai bimbi lontani un pensiero personalizzato, in modo da mantenere una sorta di contatto, un ponte e significare la lontananza. Rafforziamo e sosteniamo l’impegno che ci stanno mettendo per tenere unito ciò che il terremoto ha distrutto, tenendo conto che anche loro, oltre il ruolo di maestre, sono sfollate, e hanno subito il terremoto come trauma.
Questo aspetto duale, tra ruolo professionale e vittima , lo abbiamo vissuto in più contesti : quello scolastico, al COC, in ASUR, perché l’intera popolazione continua a lavorare ed essere traumatizzata dal contesto distrutto, che costantemente è sotto i loro occhi.
Le maestre comunque sono state molto brave : da un lato hanno riunito due scuole, una era inagibile e quindi è stata accorpata a quella appena fuori le mura di Camerino, e dall’altro riescono ad affrontare con Speranza le difficoltà che emergono coi bambini.
Ci siamo sentiti di sostenerle nelle diverse iniziative e giochi proposti per affrontare questa emergenza, e ci siamo resi disponibili al rientro dalle vacanze di mandare dei colleghi per continuare questo discorso, al fine di monitore la situazione, che sotto le festività, è più sollecitata emotivamente parlando. Sono rimaste contente e hanno accolto la nostra proposta serenamente: questo senso di protezione e tenere loro la mano le ha rassicurate e permesso di sapere di essere sulla strada giusta per continuare a lavorare.
Usciti dalla scuola ho compreso quanto il messaggio di Speranza dei bambini fosse il messaggio da diffondere all’intera popolazione colpita, perché loro hanno il senso del futuro in mano che molti hanno perso. Sarebbe bello che l’ingenuità dei bimbi fosse un po' contagiosa, forse qualche cosa sarebbe più facile da gestire.
Ero contenta di questa attività, mi è piaciuto confrontarmi sia con loro che con il mio collega : in questo intervento ci siamo trovati all’unisono su cosa valorizzare pur senza conoscerci. Tutto il lavoro è “ improvvisato”, perché non conosciamo le consegne, il territorio, e chi avevamo davanti, ma lo spirito di adattamento ci ha infuso fiducia e quella serenità utile per continuare ad incontrare le persone che qui fanno la differenza.
Dal secondo giorno avevo già imparato a muovermi da sola lungo le strade di Camerino, a parlare con le persone e mi sentivo più indipendente rispetto al primo giorno : che bell’apprendimento!
Al pomeriggio abbiamo di nuovo lavorato al fianco dei VVF e anche Graziano si è inserito bene nel contesto : ha riconosciuto la professionalità con cui lavorano e la buona gestione dello stress. Il tempo per scambiarsi una battuta con loro era il modo per smaltire il carico emotivo, un caffè per fare pausa : in questo modo aiutavamo i VVF per staccare quei minuti utili per riprendere fiato. Loro non so quanto ne fossero consapevoli, ma in questo modo staccavano un po' e noi raggiungevamo il nostro scopo : fare attività di supporto con un setting psicologico diverso, ma pur sempre utile ed efficace.
Fonte: VVF di Mantova
QUARTO GIORNO – 21/12/2016
Non siamo più noi,
non siamo più noi,
chi siamo diventati?
Conversazioni della popolazione
Questa giornata è iniziata all’insegna della disorganizzazione : l’autista che ci ha sempre accompagnato finiva il suo servizio e io e Graziano non avevamo un mezzo per muoverci autonomamente. Sconcertati da tanto disordine, io e Graziano ci appelliamo al nostro Referente Nazionale che ci trova un mezzo a Villa Potenza (MC) che saremmo andati a prendere nel pomeriggio. Questo atteggiamento un po' rigido in un momento di emergenza da parte dell’organizzazione del Campo CRI mi ha scossa: consapevole che le automobili CRI servono per l’attività interna, nessuno ci aveva avvisati che ci sarebbe servito un mezzo proprio, e lontani dai nostri Comitati non abbiamo vissuto bene questa situazione. Con determinazione io e Graziano ci siamo mossi fino a trovare un collega CRI che ci accompagnasse al Comitato di Villa Potenza : il personale è stato gentile e premuroso. Sono stata contenta di trovare così tanta disponibilità in persone sconosciute, legati solo dal simbolo che portiamo addosso.
Dopo questa doccia fredda e mancata comunicazione a tutti i livelli di un messaggio così importante, siamo comunque riusciti a svolgere la nostra attività coi VVF per il recupero beni, dove hanno iniziato ad avvicinarsi anche studenti che dovevano portare via materiali dell’Università per preparare gli esami della sessione invernale.
Quella dell’Università è un altro aspetto di perdita importante per la comunità:
dai discorsi emersi dalla popolazione, molte attività erano legate al mondo universitario e questo ha determinato una perdita economica ingente.
Questa perdita è su più livelli : non è solo fisica, ma sopratutto di identità comunitaria; molti mi hanno raccontato che Camerino è tipicamente conosciuta, anche all’estero, per l’Università e adesso la popolazione restante non sa più come riconoscersi; ha perso il lavoro, la casa e come identificarsi : questo dalla televisione non passa! La mancanza di Fiducia nel futuro è palpabile nell’aria di Camerino : sembra tutto fermo nonostante la gente girasse lungo la parte esterna alle mura, nonostante i pullman che partono dalla costa e arrivino nella piazza del Comune per andare a scuola o a recuperare i propri beni. Il periodo era quello natalizio, ma l’atmosfera era triste.
C’era un piazzale appena fuori Camerino dove molti commercianti nelle casette di legno hanno riaperto parte dei propri negozi per dare una continuità alla propria esistenza; un bel punto di ri-partenza! Alcuni non si arrendono, ma i più vecchi sono più pessimisti : “ Nessuno investirà nella ricostruzione di Camerino… la popolazione è anziana e nessuno crede che si spenderanno soldi per noi. Non rivedrò mai più casa mia...”. Questa frase ascoltata all’UCL dei VVF mi è rimasta impressa: altri colleghi psicologi hanno riportato come la parte più anziana sta patendo anche nelle zone lungo la costa : lo sfaldamento della Comunità, non permette loro di riconoscersi in posti diversi da quelli nativi; inoltre la lontananza dai familiari, sparsi in diversi comuni, non consente loro di elaborare l’accaduto; anche andare a vivere in un’altra casa è difficile : non è la loro e non vogliono investirci emotivamente per adattarsi. Si tratterebbe di mettere molte energie usate adesso per elaborare l’accaduto e non ce ne sono molte altre da usare per il nuovo adattamento.
RIUNIONE ALL’ASUR
In questa riunione abbiamo elaborato i vissuti della popolazione anziana e ci si è chiesti se c’è un modo per riunirla o per restituirle il valore che merita : un collega ha proposto di organizzare un pullman che dalla costa si diriga a Camerino il giorno del mercato per esempio, come modo da riconnettersi alla comunità. L’ idea è stata accolta bene, spero che sia mantenuta dall’ASUR e proposta in Comune.
Durante questo incontro abbiamo anche appreso che a Castelsantangelo sono state organizzate attività di sostegno per le persone seguite dall’assistente sociale: alcuni allevatori infatti hanno avuto camper o container per restare vicino ai propri animali, ma le stalle restano ancora piuttosto diroccate.
A Muccia continuano le riunioni tra il Comune e le Associazioni per la presentazione il giorno della Vigilia di Natale di un container medico – psicologico per la popolazione, ma sembra ci siano problematiche comunicative tra gli Enti, che erano già presenti prima del terremoto, che, e al posto di avvicinarsi, questa catastrofe li ha allontanati ancora di più. Purtroppo, infatti, si è avverato che alla presentazione di questo servizio non si sia presentato il Medico di Base, adducendo che aveva un pranzo importante a cui non poteva mancare.
RIENTRO AL CAMPO
Al rientro al Campo, come ogni sera, il rituale di stare con i miei colleghi CRI mi permetteva di staccare la testa dalle problematiche e dalla tensione accumulate durante la giornata : mi faceva bene e mi serviva per ricaricarmi. Mi è mancata la vita del Campo : io ero sempre fuori e avevo bisogno di sapere che cosa gli altri avessero fatto; mi mancava una sorta di collegamento tra me e i Volontari e questo non faceva altro che aumentare un po' la nostra distanza. La sera però recuperavo qualcosa, e mi sono sempre sentita accolta anche se non facevo le attività con loro; mangiavamo e ridevamo molto dopo le 23, dopo le docce e dopo esserci rilassati sulle brande. Erano momenti goliardici, che sono ascrivibili in una sorta di fase di decompressione, momento in cui ci si lasciava liberi di lamentarsi, di criticare o semplicemente raccontare ciò che veniva spontaneo, che non aveva trovato spazio in altri contesti.
In questo momento era possibile sfogarsi e divertirsi contemporaneamente : era terapeutico. Alcuni mi chiedevano che cosa avessi fatto con la popolazione per renderli partecipi di ciò che c’era fuori dal Campo, e io chiedevo la medesima cosa per conoscere cosa era successo dentro.
In questo modo eravamo collegati anche se distanti o con ruoli diversi, e nel frattempo monitoravo l’umore e lo stress a cui erano sottoposti, un po' in sordina, ma sempre attenta alle dinamiche del gruppo.
Posso dire che tutti si sono integrati bene, nonostante le età diverse : sin dal viaggio di andata ci siamo affiatati, ecco perché della mia difficoltà a lasciarli andare sia dal posto dove dormire, sia dal lavoro fuori dal Campo. Sono sempre stati per me un punto di riferimento, fermo, nonostante il tempo lento e le difficoltà organizzative con cui fare i conti in ogni momento.
QUINTO GIORNO 22/12/2016
Ripartire,
nonostante tutto ricominciare.
Non con la tristezza di un addio,
ma la gioia di un nuovo inizio.
#ilfuturononcrolla
Sono arrivata al quinto giorno senza accorgermene : ancora una volta il tempo aveva uno scorrere tutto suo, lontano da come lo sentivo o me lo immaginavo.
Questa giornata è stata pesante, sia per l’incarico, sia per la stanchezza che iniziava a farsi sentire. Io e il mi collega Graziano ci siamo di nuovo recati al campo di CRI di Visso : il giorno prima non abbiamo trovato i Responsabili, che ci hanno segnalato dall’ASUR come persone che non stavano affrontando bene la tragedia del terremoto, poiché Volontari e Vittime contemporaneamente. Quindi ritorniamo al mattino nella speranza di incontrare chi non c’era, ma nuovamente non abbiamo trovato chi cercavamo. Parliamo così con alcuni Volontari e accusiamo la fatica da loro sopportata in questo periodo in cui la tensione regna nella sede.
Visso ha caratteristiche diverse da altri piccoli comuni e la solitudine dettata dalla lontananza e dalla fisionomia geografica non l’aiutano.
Rientriamo a Camerino per la nostra attività coi VVF e notiamo un certo movimento; c’è il cambio del gruppo: da quello di Mantova a quello di Sondrio e il passaggio di consegne è piuttosto importante. Il Responsabile di Mantova spiega l’aspetto organizzativo del lavoro, come è strutturata l’attività e la modulistica. Poi, sorridendo, racconta che ha anche avuto una Psicologa come supporto e aiuto nei momenti difficili, presentandomi con sarcasmo : “Spero non ne abbiate mai bisogno”. Li saluto e racconto loro il mio lavoro qui e per la prima volta usciamo con la nuova
squadra. L’intervento è stato impegnativo : una signora molto ansiosa e depressa anche per problematiche legate alla sua salute si mostra subito in difficoltà al momento della prenotazione della raccolta beni. Durante l’ingresso in casa vuole portare via tutto, e nonostante una sorta di lista di cose da ricordarsi, inizia a non comprendere più che cosa sia importante e cosa no, che cosa sia utile e che cosa sia da lasciare. Chiedo aiuto al marito che riesce a contenerla un po' e in seguito anche io faccio lo stesso. Una volta scesi nella piazza si ferma e ci dice che non le tremano più le gambe: “ Sto meglio della prima volta che sono venuta e voi mi avete aiutata”. Questo riconoscimento mi gratifica e le restituiamo che anche lei è stata coraggiosa ad affrontare tutto, alla luce delle difficoltà che ci ha raccontato precedentemente. Si commuove, ci abbraccia e va via.
Recupero delicato, intenso che mi ha toccata : la forza di queste persone è ciò che serve a tutto il centro Italia.
Andiamo a magiare e discutiamo dell’intervento appena fatto, ci ha lasciato un bel ricordo nonostante la delicatezza del momento e la sua tragicità.
Nella riunione all’ASUR restituiamo tutto quello che abbiamo vissuto e ci prepariamo per andare a Visso per la terza volta, sperando di incontrare chi cerchiamo da giorni. Sentivo la stanchezza dopo tutti questi giorni.
Alla sera, in tenda, la solita ritualità che mi consentivano una certo grado di costanza e libertà dalla pesantezza degli aspetti emotivi incontrati.
SESTO GIORNO 23/12/2016
#Iononcrollo
E’ arrivato l’ultimo giorno di lavoro prima della partenza, che sarà il 24 dicembre: abbiamo salutato i VVF che ci hanno accompagnato per tutta la settimana, le maestre che hanno sostenuto e accolto le difficoltà dei bambini: dovevamo andare a Visso e capire quale fosse il loro dolore arrivato fino a Camerino.
Per questa giornata rimando alla Relazione in allegato.
Al pomeriggio andiamo sempre dai VVF e incontriamo una coppia di vecchietti sposati da 71 anni, che per la prima volta si recavano a casa loro. La situazione è delicata: la figlia del signore era piuttosto provata, stanca e arrabbiata per l’incombenza :“ Gestire due anziani è difficile e devo ripetere le cose mille volte e non capiscono”. In effetti anche Graziano spiegava le cose ai signori, ma era complesso per loro mentalizzare l’accaduto. Decidiamo che sia utile accompagnarli per alleggerire la figlia, così il mio collega li affianca e dopo circa un’ora rientrano.
I visi dei signori erano più distesi, a tratti quasi felici : “La mia casa è ancora intera”, esclamava il 90enne con le lacrime agli occhi. Effettivamente chissà quanti pensieri, aspettative si erano fatti: vedere la propria abitazione quasi integra li ha risollevati da molte preoccupazioni e resi più leggeri.
La leggerezza, questa sconosciuta : l’abbiamo abbandonata prima di partire, che quasi non ricordavo che sentimento fosse. Ho di nuovo avuto uno slancio di fiducia e speranza per questa popolazione, ingredienti mancanti dopo questa tragedia.
La serata finisce con altrettanta scioltezza: la riunione all’ASUR è un tripudio di foto ricordo, cibo locale e programmazione dell’attività della Vigilia, in cui sarebbero arrivate nuove forze.
E’ trascorsa una settimana, e avevo la testa stanca, piena di informazioni che nemmeno qui sono riuscita a racchiudere, ma almeno ho messo un punto da cui ripartire per riflettere ed imparare.
Io e Graziano eravamo stanchi, molto! Abbiamo compreso quanto una settimana sia sfiancante; ho così ricollegato le nozioni formative durante i corsi e sentito quanto fosse vero staccare dopo 7 giorni di attività. Mai come allora lo avevo avvertito, nonostante avessi già avuto esperienze sul campo.
Ritorno in tenda, ultima sera : la condivisione della stanchezza è unanime! Prepariamo i bagagli per il giorno dopo, contenti di rientrare e un po' tristi per ciò che lasciamo. Abbiamo fatto un buon lavoro, nonostante le difficoltà organizzative. Per questo motivo chiedo ai colleghi CRI di scrivermi le loro impressioni e suggerimenti al fine di migliorare il tutto.
Mangiamo e ridiamo ancora una volta, per l’ultima sera.
Dada Zen
ULTIMO GIORNO – 24/12/2016
LA PARTENZA
Dopo la colazione, iniziamo ad ultimare i bagagli e io e Graziano ci concediamo un giro per i Mercatini di Natale dei Commercianti; la verità è che avevo bisogno di quella sana leggerezza dopo aver accolto così tanta sofferenza. Incontriamo P., la signora che abbiamo accompagnato 2 giorni prima a fare il recupero a casa sua e ancora ci ringrazia della forza che le abbiamo infuso; ci offre il caffè e ci riempie di lodi. Noi invece sottolineiamo ancora una volta il suo coraggio nell’affrontare il tutto, e che questo potrebbe essere un pezzo da cui ri-partire. Visibilmente commossa, ci abbraccia e ci chiede di ritornare a vedere la sua Camerino che è tanto ricca e piena di cultura.
Rientriamo al Campo e iniziamo a salutare chi ci ha accompagnato in questo lavoro e viaggio, mangiamo e iniziamo a pensare al rientro. Graziano parte prima per restituire il mezzo alla Croce Rossa di Villa Potenza (MC) in modo da ringraziarli a dovere!
Mangiamo, ma tutti vogliamo partire.
Il viaggio è stato lungo, e tutti abbiamo sentito la stanchezza accumulata da una settimana, ma ho avvertito felicità in questa attività svolta da parte di tutti.
fonte: una Volontaria CRI
CONCLUSIONI E RINGRAZIAMENTI
Anche queste pagine sono quasi finite, ma l’esperienza vissuta è ancora viva e ricca di buoni propositi. Se dovessi trovare una parola per concludere questo lavoro direi profonda, una prova professionale e personale impegnativa e lontana da come me l’ero immaginata. Ho imparato ad adattarmi alle difficoltà intrinseche, sia fisiche che psicologiche, ho gestito situazioni per me nuove e imparato in fretta molte nozioni.
Questo scritto è un punto di partenza, perché è in continua evoluzione, man mano che rileggo, penso e aggiungo particolari tralasciati, ma devo chiudere e la difficoltà nel farlo riflette la mia voglia di continuare ad aiutare questa popolazione.
Ma voglio lasciare spazio a chi in questo viaggio mi ha accompagnata e ringraziare le persone che mi sono state vicine:
Inizio dal gruppo Croce Rossa con cui ho condiviso sia i viaggi che le serate di spensieratezze, utili ad alleggerirsi della fatica giornaliera. Loro hanno vissuto un’esperienza diversa dalla mia e mi hanno raccontato le loro fatiche : la cucina aveva turni lunghi e con pochi cambi, ed effettivamente stancante; alcuni hanno patito fare la medesima cosa per tutta la settimana, come pulire i bagni. Coscienti che il campo ha una vita e necessita di essere accudita, la criticità era la ripetitività del lavoro, non l’attività in sé. Alcuni hanno avuto difficoltà ad integrarsi con i gruppi lavoro, adducendo la responsabilità agli altri: la rigidità comportamentale, al posto dello spirito di adattamento , sarebbe un elemento, in ambito formativo, da ricalcare al fine di aiutare chi ha difficoltà di questo tipo. Non ci sono mai stati attriti particolari, segno della buona coesione del gruppo, che si è sostenuto ed aiutato con parole di tutti. L’allegria ha sempre caratterizzato questa unione : scherzare, ridere e prendersi in giro ha permesso di creare un clima libero da giudizi e possibilità di lamentarsi quando era necessario.
Il gruppo è stato in grado anche in modo critico di sottolineare come migliorare l’aspetto organizzativo, dagli oggetti da portare specifici per la vita da campo, al passaggio di consegne tra i fine turni completamente assenti.
Una brutta esperienza è capitata ad un Volontario del nostro gruppo: proprio il penultimo giorno si è fatto male durante il sollevamento di una struttura della CRI, e non è tornato integro a casa, come dice lui, ma il gruppo si è coeso e ha mostrato comprensione e calore in un momento di difficoltà anche fisica. A lui vanno i miei più sentiti auguri per una buona ripresa!
Un discorso a parte va fatto per una Volontaria che è stata inviata a Visso, e non ha vissuto il nostro Campo, ma uno più piccolo e diversamente organizzato. Con lei il contatto era comunque sempre presente tramite telefono, foto e video; inoltre noi SeP abbiamo visitato Visso tre volte e l’abbiamo incontrata, mantenendo un filo trasparente tra il gruppo originario e lei, più lontana.
Mi sento di sottolineare che nonostante l’eterogeneità del gruppo tutto è andato bene: abbiamo saputo accogliere la fatica del viaggio di ritorno anche dopo, sentendoci per sapere come stavamo. Spero che questa esperienza umana oltre che formativa, possa migliorare nelle prossime missioni.
Un altro grazie va al corpo dei VVF di Mantova, con i quali io e Graziano abbiamo collaborato per il recupero dei beni: professionali, preparati e pazienti in momenti delicati. Nonostante la nostra presenza fosse un po' particolare, l’esperimento è stato gradito e a tratti riconosciuto come utile dagli stessi VVF: i consigli che ci chiedevano durante il recupero, su come trattare le persone ansiose o cosa dire loro, è stato utile per migliorare alcuni momenti delicati dell’attività. Per me è stata la prima collaborazione e sono rimasta stupita di tanta serietà e delicatezza insieme. Criticità non ne ho trovate, e per questo spero che questo binomio tecnico – umano sia ripetibile e maggiormente richiesto.
Non dimentico l’ ASUR, con i quali tutte le sere ci trovavamo per fare riunione e supervisione dell’attività : professionisti che dedicavano tempo all’attività sulla popolazione oltre l’orario di lavoro. La criticità era la stanchezza, di tutti. Inoltre il personale era anche Vittima, e sentir parlare tutta la sera delle problematiche legate al terremoto era una costante ri-traumatizzazione e fatica emotiva a gestire anche il dolore altrui. Il loro apporto però era insostituibile : conoscere il tessuto sociale, le persone coinvolte e le dinamiche relazionali ci aiutava a muoverci su un territorio a me sconosciuto. Ci hanno ringraziato del lavoro svolto, e sottolineato che c’è ancora molto da fare per quanto riguarda i follow – up sulla popolazione colpita. Noi ci siamo resi disponibili, anche perché siamo stati accolti bene e salutati altrettanto con calorosità.
Un ringraziamento va alla Croce Rossa di Villa Potenza, che ci ha imprestato una sua auto, e che ha reso possibile la nostra attività sul territorio di Camerino. Pur non conoscendoci, ha saputo far fede ai sette principi della CRI.
Come non mostrare gratitudine ai colleghi Psicologi? Dall’Anpas, all’Ordine di Malta, al Gus e a Graziano, che hanno avuto pazienza nei miei confronti, nonché saputo accogliere qualche mia difficoltà.
Infine ringrazio coloro che hanno reso possibile tutto questo , anche se a distanza, col loro affetto e presenza in un momento di festività alle porte.
Concludo con un saluto a questa popolazione, che seppur distrutta, a piccole dosi cerca con coraggio di risollevarsi.